Alluvione, ecco i nomi di causò il disastro
(da Il Secolo XIX del 19/10/2012)
Genova - L’inchiesta sul falso, sulla confezione dell’atto che modificò la ricostruzione dell’esondazione del Fereggiano, è «sostanzialmente finita» agli occhi di chi indaga. Sandro Gambelli, ex disaster manager del Comune, ha ammesso di aver «redatto il verbale», anche se la sua concezione è da attribuire ai «superiori»: «Sono responsabile della redazione materiale del verbale falso, ma non ho ideato io quella versione dei fatti».
Ma la parte più interessante della vera e propria audizione fiume, avvenuta ieri in Procura e durata complessivamente cinque ore, riguarda le responsabilità del disastro, una calamità che ha provocato la morte di sei persone. Il responsabile della Protezione civile di Tursi, assistito dai suoi legali Giuseppe Giacomini e Luca Robustelli, ha ripercorso la catena di comando della macchina della sicurezza quel giorno, i fallimenti e le responsabilità. Un resoconto dettagliatissimo che sterza netto rispetto ad alcune ricostruzioni un po’ fantasiose filtrate in questi giorni, ma che potrebbe portare nelle prossime settimane ai primi avvisi di garanzia a carico di dirigenti e politici.
Il colpo di teatro si materializza nell’ufficio del pubblico ministero Luca Scorza Azzarà, il titolare dell’inchiesta sull’alluvione del 4 novembre 2011. In prima battuta Gambelli è stato ascoltato dal giudice per le indagini preliminari Annalisa Giacalone, nel corso dell’interrogatorio di convalida, un passaggio determinante per la conferma o la revoca degli arresti domiciliari. Subito dopo, intorno alle 15, Gambelli si è presentato nell’ufficio del sostituto procuratore (ne uscirà solo poco dopo le 19), per presentare la sua versione dei fatti, soprattutto sulla calamità che ha colpito Genova l’anno scorso e su come poteva essere affrontata in modo efficace.
È una svolta del tutto imprevista. Mentre tutta l’attenzione era ormai concentrata sul verbale del Comitato di protezione civile comunale - un atto manomesso ad arte per evitare «responsabilità penali, amministrative e politiche in capo ad alti dirigenti del Comune», secondo Andrea Rimassa, collaboratore di Gambelli - l’ex disaster manager ha giocato di contropiede. Il falso sarebbe «un incidente di percorso», qualcosa di innegabile, ma accaduto comunque «dopo l’alluvione». Mentre l’indagine da ieri vira sul «durante», e sull’interrogativo fondamentale: si potevano evitare le vittime? E chi deve risponderne?
Nel faccia a faccia con il magistrato, secretato dal pm, Gambelli ha ripercorso dapprima le tappe che hanno portato alla fabbricazione del falso, documento che anticipa l’onda assassina e sostiene che il Fereggiano fosse monitorato da un volontario della Protezione civile che in realtà si trovava altrove. Un artificio inventato per evitare «sputtanamenti all’ufficio e ai volontari». «È vero che l’ora effettiva dell’esondazione è successiva alle 12.15, ora che risulta nel documento - è la sintesi del suo ragionamento - Ma la situazione in via Fereggiano era già critica da prima».
La versione farlocca, in altre parole, poggia su due elementi: alle 12 il volontario Andrea Mangini è sul Fereggiano (falso) e segnala che la situazione è sotto controllo; alle 12.15 arriva la piena (secondo falso, arriva alle 12.53). Ergo: non si poteva fare niente. Ci sarebbero state «pressioni» dall’alto per avvallare quella versione. Lo riferisce il coordinatore dei volontari, Roberto Gabutti (indagato e assistito dall’avvocato Michele Ispodamia), che si sente ripetere domande «allusive» e «reiterate», da superiori più «informati» come «il dirigente dell’area Sicurezza Gianfranco Delponte (indagato) e l’ex assessore Francesco Scidone»: «È vero che poco prima era tutto a posto e poi è successo tutto improvvisamente?».
Gambelli ammette di aver scritto quel rapporto, ma nega di averlo ideato. «Il vicesindaco Paolo Pissarello alle 19.45 andò in televisione e fornì già la ricostruzione manomessa, quando ancora il verbale non esisteva - è la sostanza del suo ragionamento - Qualcuno aveva già architettato tutto lo stesso pomeriggio. Non potevo essere io, ero a spalare fango». Parole che chiamano in causa nuovamente i superiori, presenti in sala comando, il vicedirigente Pierpaolo Cha (difeso da Giancarlo Bonifai) e Gianfranco Delponte (assistito da Romano Raimondo). «Si respirava un’atmosfera di sostanziale convergenza - è la sintesi di quanto raccontato al pm - Come se si fosse deciso ad alti livelli».
Oggi il tribunale deciderà sull’istanza di revoca della misura nei confronti di Gambelli. «Con l’interrogatorio riteniamo venuto meno il pericolo di inquinamento probatorio», spiega il suo legale. Ma i fari sono puntati in un’altra direzione. Le precisazioni più preziose di Gambelli riguardano le presunte responsabilità colpose dell’alluvione. In particolare le defaillance nelle fasi di preparazione e gestione dell’emergenza. Di fronte al pm il manager ha ripercorso la comunicazione con le scuole e la scelta di non chiuderle. Poi ha affrontato l’operato del Comitato di protezione civile, un tavolo «elefantiaco» a cui sedevano 44 persone, presieduto dal sindaco Marta Vincenzi, ma di fatto coordinato da Francesco Scidone. Ne facevano parte Delponte, responsabile tecnico della sicurezza, oltre a svariati membri della giunta e dello staff di Tursi. L’inchiesta sull’alluvione riparte da qui.
Nessun commento:
Posta un commento